Yohoo!
Piccola premessa obbligatoria: in teoria, io stavo lavorando alla seconda parte del post precedente a questo, che doveva essere una raccolta di commenti brevi.
Il fatto è che *gratta testa* diciamo che io sono un poco logorroica, una parola tira l’altra e via, due commentINI mi sa che sono usciti un poco troppo lunghi.
Così, piuttosto che propinarvi un post infinito su cinque giochi diversi, ho deciso di inventare il format delle recensioni brevi (?): quelle che sono troppo lunghe per essere dei commenti, ma ben più brevi delle mie solite recensioni. Probabile spesso sia dedicato a giochi che sono pure loro brevi di natura, ma non è detto.
Il primo commento galeotto è quello dedicato al videogioco RPG Lavender, un breve puzzle game – che, dicono in regia, dovrebbe avere elementi horror, ma io non sono tanto sicura. Anyway, ha una grafica stupenda.

 

lavender's room screen

Aspetto, aspetto
quel che succeder- non ho resistito.
[Semicit.]

Se a leggere “Lavender” vi siete aspettati un gioco con una grafica sui toni del viola, di certo non rimarrete delusi; la graziosa pixel graphic è uno dei punti forti di questo gioco, laddove le ambientazioni degradano dolcemente dal lavanda al rosa pesca, passando per il lilla tenute e il color cashmere. Quel che non vi aspettereste, invece, è che questo gioco è ispirato alla favola di Raperonzolo. Sì, fa parte di quel filone di RPG ispirati alle favole/fiabe, nonché di quelli molto brevi e, per la verità, anche quello dei “ma tu sei horror dove”.
But well, andiamo per gradi.
Essendo un remake di Raperonzolo, la trama base è molto semplice: c’è questa ragazzina, Lavender – con capelli lunghi, ma non troppo – che vive nella mansarda di una torre dispersa in un bosco. La strega che l’ha allevata, comunque, pare gentile e le due si vogliono bene. La storia ha luogo il giorno del compleanno di Lavender; la ragazzuola si stava pettinando i capelli – lunghi, ma non troppo – con il pettine fighetto, un po’ art nouveau, che le aveva appena regalato la strega, il tutto molto poeticamente seduta sul davanzale della finestra. Siccome Lavender è molto puccia ma anche un po’ impedita, il pettine volta disgraziatamente di sotto. (Quando si dice andare a cercarsele).
Dato che, per qualche strano motivo, quel giorno la strega non ha chiuso a chiave la botola che congiunge la mansarda col resto della torre, Lavender pensa bene di sgusciar fuori, recuperare il pettine perduto, correre alla velocità della luce di sopra e far finta di non essersi mai mossa di lì.
Okay, se si evita un game over che non mi aspettavo nella prima stanza (cioè, era ovvio ci fosse un game over lì, ma pensavo desse una scelta, qualcosa. No.) si esce dalla camera e il gioco è articolato come segue.
Essendo breve, l’idea è di scendere, superando su ogni piano un solo ed unico puzzle che ci permetterà di accedere alle scale. I puzzle sono sul modello “cervellotico che è più un mini-game di un puzzle”, ma sono tutti, più o meno, arrivabili (tranne il primO CHE MINCHIA AUTRICE BIRBANTE SE TI PESCO), ma ne riparliamo dopo, e una volta usciti dalla torre si ottiene un ending – sì, uno solo – che è in linea col resto del gioco e quanto mostrato dei personaggi, oltre che abbastanza dolce. Un’alternativa carina della solita storia di Raperonzolo.
Poi, dato che la torre è vuota, il background della strega e di come Lavender sia finita lì viene raccontato tramite dei quadri presenti in ogni stanza, e la scenetta che ogni puzzle vorrebbe richiamare. Però il gioco appunto è breve e, quindi, non risente minimamente dell’assenza di interazioni umane/simili.
Il tutto condito da delle OST molto gradevoli e adeguate al contesto.

 

lavender rpg screen

Il pettinino da cui è partito un gran bordello – e sì, anche le CG sono in pixel art

 

Detto così, Lavender sembrerebbe una chicca da non perdere.
Ebbene, non vi sconsiglio di giocarlo, anzi, ma frenate i cavalli: questo gioco ha anche due grossi difetti.
1. Quello che potrebbe portare ad attacchi di isteria inconsulta: il primissimo puzzle.
Sul primo piano c’è ‘sto odiosissimo puzzle circa tre piantine che vanno fatte crescere in un certo ordine.
Per farlo, bisogna toccare le diverse piantine secondo una certa sequenza e non sbagliare nemmeno un passaggio, o avvizziranno e si dovrà tornare da capo. Non pare così difficile? Beh, teoricamente no. Il problema è che questo procedimento non va ripetuto solo le canoniche tre volte, ma molte di più; non viene fornito nessun indizio su che ordine bisognerebbe seguire e alla fine, pure vedendo i comandi del complesso, sono dati a caso. Non c’è neanche uno schema da intuire e con cui poi continuare. Ed è il PRIMO puzzle: avevo iniziato da sei minuti e già meditavo di incendiare il PC. A parte questo, gli altri puzzle sono perfettamente fattibili (tranne forse il secondo, che potrebbe darvi qualche rogna se siete delle pippe come me con gli scacchi) e anzi, alcuni erano pure simpatici e mi sono piaciuti un sacco (complice la grafica personalizzata, che gli dà ancora più il gusto da “mini-game”.)
2. Il secret ending.
Come dicevo, Lavender affermava di essere una versione non solo alternativa, ma anche più cupa di Raperonzolo.
E qui il mio “horror dove?”. Posto che nel resto del gioco non c’è nulla di neanche lontanamente spaventoso o inquietante. Se si recuperano certi oggetti e li si usa in un certo modo… di cui, peraltro, non ho ben capito il collegamento logico (per farvi un esempio equivalente, è come se il gioco si aspettasse che voi usiate una lumaca su un trattore.)… si sbloccherà una nuova area. Tutta darkettona, sui toni del grigio, con celle e gente fatta a pezzi in giro. Se si arriva in fondo (non ho sperimentato se una volta entrati si è spacciati o si possa comunque tornare indietro e prendere l’altro ending) si otterrà il fantomatico secret ending, che ovviamente non è allegro, ma di mio l’ho trovato anche OOC e superfluo; non aggiunge nulla alla storia, sembra voler dire solo “la strega non è mica uno stinco di santo” ma, come dire, fin lì ci arrivavamo da soli. E’ pur sempre una strega. Non lascia neanche l’amaro in bocca, ma solo una vaga perplessità e un insistente: ma era proprio necessario?.
So, in generale Lavender è un gioco molto curato. I comparti grafica/musica sono perfetti; la storia voleva rimanere più fumosa, ma fornisce comunque abbastanza informazioni. Se si ignora sia lo scivolone del primo puzzle che il secret ending (… e okay, forse quello dipende anche dai gusti, ma continuo a dire che non ce n’era bisogno), Lavender è notevole come primo gioco, e merita almeno una giocata. Fa bene il suo lavoro di versione alternativa (ma non creepy) di Raperonzolo, e di gioco breve che vuole catturare del tutto la nostra attenzione per pochi minuti.
E sì che tutto ‘sto casino è partito da un pettine.

 

lavender title screen

Lavender da Clockwork Prince.
Originale in inglese.
[Download (Eng)]