Paranoiac

[Videogioco RPG] [Horror psicologico] [Paranormale] [Oooo forse no]

☆ ☆ ☆

Yoh!
Seh, vabbé, ora non aspettatevi che cominci a pubblicare puntualmente. <.<”
Anyway! In straordinario anticipo rispetto agli standard ecco un nuovo episodio! *A* Come al solito me n’esco con un gioco mai nominato su questi lidi finora: stavolta faremo la recensione di Paranoiac. Sebbene non sia mai capitato di nominarlo, me lo stavo puntando già da qualche tempo; qualche notte fa, per motivi al di fuori della mia conoscenza, l’ho sognato, per cui ho colto la palla al balzo per vederne il walkthrough. Oh, sì, mi è piaciuto, ma non mi aspetterei mai nulla di diverso, da Uri <3
Perciò, pronti, al mio tre tutti a nascondersi nell’armadio! (?)

Paranoiac è un indie RPG game, sempre horror ma ormai ve l’aspettate, sviluppato con il Wolf RPG Editor da Uri, l’autrice di giochi più popolari quali The Crooked Man e Mermaid Swamp – e, di recente, The Sandman. Risulta essere il secondo gioco in assoluto dell’autrice, tuttavia il primissimo (Insanity) non è mai stato tradotto.
Che è uno dei primissimi si vede: è più breve degli altri – anche un’ora e mezza, mi pare? -, la storia è lineare, ci sono pochi personaggi e ancora meno sempre in scena. Inoltre come gioco in sé oscilla dal fin troppo facile all’assurdamente difficile, con un divario di difficoltà enorme fra i due principali momenti del gioco – di giorno, dove si risolvono i puzzle e di notte, quando si corre. Non è, tuttavia, impossibile, la storia è piacevole nella sua semplicità e ci sono anche gli esordi di quelle trollate che nei giochi di Uri diventeranno elemento tipico e attesissimo. Diciamo che se si pretende di trovare una cosa alla The Crooked Man le aspettative verranno ovviamente deluse, ma se invece viene affrontato per ciò che è – “uno dei primi lavori” – viene fuori un giochino carino, che può perfino sorprendere.
Comunque sia, ci tengo a precisare che per quanto in certi punti traballi e non regga il paragone con i suoi successori, è pur sempre superiore a molta altra robaccia in circolazione.

Altro punticino da mettere in chiaro subito: è palese il suo essere uno di quei giochi che seguono la scia di Ao Oni – mostro che ti insegue, devi nasconderti in un mobile prima che entri nella stanza – ma le somiglianze si riducono a questo; anzi, di mio l’ho trovato un modo anche migliore di rendere un nascondino mortale. Per dire, la casa non ha una forma improbabile atta solo a dar spazio per la corsa, la mobilia è normalissima e il perché ci sia un mostriciattolo che ti insegue ovunque è spiegato. Inoltre, ha modificato buona parte della meccanica degli inseguimenti (Che sono più assurdi difficili. Ebbene sì.)

Se seguissi l’ordine del gioco come faccio di solito dovrei stare a suddividere giorno/notte e, per quanto avesse un senso per Moonlight Ghost *indica recensione prima* qui sarebbe un po’ dispersivo; per cui provvedo a far subito un riassuntino.
Gli ingredienti di quest’oggi sono: Miki, una giovane scrittrice che ha sviluppato una profonda depressione causa problemi familiari e sul lavoro; una casa semi-abbandonata che ricorda un pelino quella di Mermaid Swamp; il signor Shinji, vicino di casa nonché mister sto flirtando spudoratamente e nessuno se ne accorge; omino sguisciante dalla discutibile estetica e alquanto violento, ci farà compagnia tutte le notti.
A causa della suddetta depressione, Miki si trasferisce nella casetta abbandonata della sua defunta zia (anche se veniamo a saperlo dopo un po’)… dove, naturalmente, cominciano subito a succedere cose un po’ particolari, tipo capelli che fluiscono giù dal rubinetto, appendiabiti che cascano da soli, e così via. Certo l’evento più particolare risulta l’avere uno sgraditissimo ospite notturno: un mostriciattolo che, per uno che si muove trascinandosi sulle mani, corre molto, molto veloce. L’unico modo per salvarsi è nascondersi dalla bestiola – chiamare i soccorsi o fuggire all’esterno non sarebbe servito, con telefono staccato e casa in più-che-periferia – e aspettare il mattino dopo, dato che si palesa solo in caso di buio completo. Avresti potuto accendere le luci, Miki, LOL.
La storia si dirama nell’arco di cinque giorni e cinque notti; i primi tre scorrono via in modo pressappoco uguale, normali giornate intervallate dalle visite del più che gentile giovane&aitante vicino di casa e qualche spizzichino sul passato di Miki e famiglia, notti passate a correre in giro urlando (?). Solo al quarto si avrà una scossa: a causa di un incidente piuttosto cretino – Miki cade nel pozzo dietro casa e, dopo aver trovato un passaggio segreto, si ritrova inseguita anche se in pieno giorno (!). A questo punto Miki, esas/disperata, deciderà di accettare l’aiuto più volte offerto da Shinji: lei dormirà a casa del ragazzo, lui invece andrà a caccia di mostri.
Qui parte anche un lungo dialogo flashback che ci illustra tutto il background dell’amena situazione familiare della ragazza: sua zia, ritenuta pazza da più, in realtà era impazzita per il dolore di aver perso il suo futuro figlio, nato morto. La donna era stata abbandonata dal marito – perché lui si era ritenuto non in grado di aiutarla -, dalla sorella – che è una delle più grandi stronze della storia di videogioc- che soffriva di isteria e la odiava a morte senza alcun particolare motivo – e dalla nipote stessa – per paura di venir ripudiata anche lei dalla madre. Alla fine, preda di allucinazioni e paranoie che la perseguitavano, la donna si era impiccata nel silenzio della sua stessa casa vuota. Ed era stata Miki a ritrovarla. Per cui ora si ritrova vittima di un sentimento molto simile: il senso di colpa di non avere aiutato la zia e, inconsapevolmente, aver contribuito alla sua morte.
Nonostante le sconvolgenti (?) rivelazioni, la notte sembra andar bene; le cicale cicaleggiano, non si sentono altri rumori, non ci sono fax che sputano capelli, Miki può dormire.
… se non fosse che, nel cuore della notte, si risveglia nel SUO letto, non avendo idea di come ci sia finita, e trovandosi subito l’adorabile creaturina appostata per inseguirla.
Il mattino dopo, una volta salva la pelle, al vedere Shinji avrà quasi una crisi isterica: perché l’ha riportata a casa sua? Perché non le ha detto niente? Perché- … perché niente; Shinji le spiega – ricorda – che era stata lei stessa ad alzarsi, dichiarando che andasse tutto bene, e tornando spontaneamente a casa.
Ma Miki non ricorda davvero di averlo fatto. Ed è il momento in cui tutto trema. Shinji aggiunge di non aver trovato tracce del mostro, di non aver visto capelli, che non c’è nessun passaggio segreto nel pozzo. E… di avere una teoria. Forse tutte queste cose Miki… se le sta solo immaginando. Potrebbe essere tutto un’allucinazione da paranoia.
Dopo aver dichiarato che no, ‘sti cazzi, il mostro c’è davvero lo volete il good ending? Sì? Allora scegliete quest’opzione. – come anche il giocatore, reduce da 186 concretissimi game over che non si è AFFATTO allucinato, può testimoniare – Miki decide di rimanere da sola e affrontare la questione di petto, una volta per tutte.
Questa notte la aspetta… un ricordo. Rivede sua zia, appesa al lampadario, così come l’aveva trovata. Vede il suo corpo cadere per terra, scomposto, con la stessa forma assurda della creatura che la insegue. Poi quel corpo si anima e la insegue – perché E’ la creatura – e lei, durante la fuga, finisce nel sotterraneo. Parrebbe un dead end… quando, senza alcun apparente motivo, un orsetto di peluche cade dallo scaffale su cui era, finendo fra lei e al mostro.
L’orso ha un Miki ricamato sulla zampa. E allora lei ricorda anche il resto… ricorda di quando la zia aveva fatto visita a casa sua per annunciare di essere incinta, di quando le aveva promesso che avrebbe fatto un peluche anche per lei. E che Miki lo aspettava, ma dopo era successo tutto quel che era successo e, alla fine, sua zia l’aveva rivista solo quand’era già morta.
Ora ha capito tutto; guarda la creatura, piange, chiede scusa. Le dispiace tanto di non averla aiutata, ma, comunque… “Ti voglio bene, zia“. La creatura la attacca.
Miki si risveglia qualche ora dopo nel sotterraneo, ancora in lacrime, con Shinji al fianco. La bestiola non l’ha uccisa ed è sparita – forse non è mai esistita, forse sì, chissenefrega; lei si è finalmente ricordata davvero di sua zia, che era stata una delle poche persone a volerle bene.
La storia finisce con Miki che fa i bagagli per tornare a casa sua; l’isteria di sua madre peggiora e vuole aiutarla a curarsi – e stare meglio anche lei certo, per me a sua madre bisognava solo tirare un paio di schiaffi – ma, una volta fatto questo, tornerà senz’altro. D’altronde quella è la casa della sua adorata zia.
Poi, su, Shinji si merita di poter flirtare in santa pace con lei.
E vissero – presumibilmente – tutti felici e contenti *O*

… Pensavo il riassunto venisse più breve. Oh, be’. *Non ho neanche detto tutto tutto…* Quindi, ecco qui: la trama di Paranoiac. Magari non la storia più straordinaria di sempre, né originale con la O maiuscola, ma decisamente il punto di forza del gioco – che, detto fra noi, sul finale si fa anche un po’ emozionante… e.e
Forse a leggerla così non è chiarissima, ma vi assicuro che nel suo sviluppo in realtà è a dir poco lineare; sono sorpresa perché una trama del genere si presterebbe benissimo anche ad un racconto breve, invece non stona nemmeno nel videogioco. Non è calibrata alla perfezione, questo no – la maggior parte delle cose le si viene a sapere nella parte finale, rendendola appunto più densa/interessante dopo un inizio lentino – ma, come già detto, è uno dei difettucci che ci si può aspettare di trovare in Una Delle Opere Prime.
E’ una trama non necessariamente horror – punta più all’horror psicologico – in un certo senso sa un po’ di giallo.
Di davvero ben fatto e apprezzabile ha, poi, come ha saputo giocare sull’elemento della paranoia: non sapremo mai – nemmeno nel bad ending, alla fine – se fosse DAVVERO paranoia, tutta sua immaginazione, o se il mostro ci fosse sul serio. Non è nemmeno chiaro se fosse lo spirito di sua zia, placato sul finale dalle parole d’amore, o se fosse l’incarnazione del suo stesso senso di colpa – un po’ alla Crooked Man, insomma – che, alla fine, sparisce perché Miki è riuscita a perdonarsi. Si basa molto sull’effetto vedo e non vedo… laddove, quale che sia, il giocatore dovrà comunque correre in giro per evitare che sia la bestiola a farla franca.
Poi, i personaggi. Dunque, i personaggi stavolta sono davvero pochi. Miki è in scena da sola la maggior parte del tempo; Shinji è l’unico altro PG che appare davvero – nel presente, intendo. La zia è un personaggio che si sente; non appare mai, se non in un flashback, eppure la sua ombra è presente per tutto il gioco, personaggio che c’è pur non essendoci – mi fa pensare a Guertena di Ib, LOL.
Unico altro personaggio è la madre di Miki – ci sarebbe anche l’agente di Miki che telefona, ma mi rifiuto di prendere in considerazione una telefonata per rendere concreto un pg – che si vede/sente poco ma è meglio così. Credetemi.
Ora… a vederla così, ci si direbbe: ma la protagonista è in scena il 90% del tempo da sola, gli altri appaiono poco/per niente. Non è come se ci fosse un solo vero personaggio?
Nnnno. Vi spiego subito. Chiariamo: nessuno di questi ha Una Mega Caratterizzazione – giusto Miki è abbastanza approfondita e pure la zia, anche se non appare davvero – ma nessuno è una sottiletta, neanche per sbaglio. Il carattere della madre di Miki filtra da tutto: da ciò che racconta Miki, dalle risposte sgarbate e semplicemente crudeli che dà quando la figlia risponde in lacrime al telefono, dal rapporto che aveva sia con la figlia che con la sorella… nel good ending, soprattutto, arriverà ad augurare la morte alla figlia facendosi tante grasse risate; sia il suo disturbo di isteria che il suo carattere di merda sono resi benissimo, per quanto abbia interazioni col presente solo poche volte – eppure è anche colpa sua, se sono finiti in QUEL presente.
Shinji appare più degli altri, ma non ha troppo modo di mostrarci il suo carattere… per quanto sia comunque ben lontano dal non averne uno: si intuisce che è un ragazzo gentile e serio – anche da come reagisce agli strani racconti di Miki -, tranquillo; è proprio che non ha occasioni di farcelo vedere. Tuttavia il suo lavoro di “spalla che controlla il protagonista non finisca per ammazzarsi” lo fa benissimo; i suoi interventi sono salvifici e necessari, visto che nessun altro avrebbe potuto farlo. Ed è con la sua presenza e i suoi stimoli che Miki comincia ad aprirsi, a ricordare quello da cui sta scappando. C’è anche da considerare che è grazie a lui se abbiamo l’ultimo input che aiuterà a sbrogliare il finale.
Perciò, sì, non saranno personaggi straordinari, ma sono personaggi comunque fatti bene.
Nota personale: ci tengo a specificare che, delle tre protagoniste femminili sovvenute finora dai giochi di Uri – perciò parliamo di Rin di Mermaid Swamp e Sophie di The Sandman – Miki è quella che mi è piaciuta di più. ò__ò” Okay, sia Rin che Sophie sono molto particolari e vanno “capite”, ma… *Non che Miki sia normale, ma a suo modo l’ho trovata più apprezzabile.*

E ora cominciano le note dolenti… x°
Diciamolo subito: il gioco non brilla né riguardo la grafica, né riguardo il gameplay. In entrambi i casi c’è il minimo sindacale, qualche cantonata, cose accettabili ma non esattamente magnifiche/da emulare. La parte che ha risentito di più della mancanza di esperienza all’epoca fu il gameplay – anche se, EHI, è ovvio: se Uri è diventata davvero brava ed ha potuto proporci un gioco con gameplay tanto cazzuto qual è The Sandman, il merito è stato ANCHE di questo gioco, che le ha permesso di far pratica.
Comunque, vediamo…
I puzzle sono abbastanza scialbi. Si tratta di semplicissima concatenazione. Nella casa ci sono molte stanze chiuse: trovi una chiave che ti permette di aprirne una, lì dentro trovi un’altra chiave o l’indizio per trovarla, eccetera. Le possibilità di rimanere bloccati sono praticamente nulle; gli indizi sono comprensibilissimi, i nascondigli umani e arrivabili (anche se questo non è detto sia un punto a sfavore. Perché? Punto primo: è una normale casa. Secondo, soprattutto: tutte le chiavi erano state nascoste dalla zia, una normalissima persona affetta da paranoia cronica. E’ logico, quindi, che la cosa si presenti come cervellotica, ma non impossibile). Il che implica anche che la parte della giornata sia fin troppo facile e, soprattutto nella prima parte, tendente al noioso. Il fatto però che i puzzle siano COSI’ facili implica risolverli in fretta e, quindi, arrivare subito a cose più toste.
… Ecco, l’altro problema: la notte è, invece, fin troppo tosta.
Lasciate vi spieghi qual è la meccanica della fuga dal mostriciattolo. Miki viene inseguita da una bestiola che corre piuttosto in fretta – alla stessa sua velocità, direi, quindi finché corre non c’è problema, ma se per caso si ferma o calcola male la traiettoria, implica l’essere acchiappati subito. E fin qui… Per salvarsi, dovrà nascondersi all’interno di un mobile; nella casa ce ne sono svariati, anche se non uno in ogni stanza, sono comunque abbastanza frequenti. Ovviamente c’è la solita regola del nascondersi prima che il mostro entri nella stanza, altrimenti non ha molto senso… e ci siamo ancora tutti, sì.
L’innovazione: ogni notte sono disponibili solo tre nascondigli. In due si verrà trovati comunque, anche se ci si entra prima che il mostro ti segua nella stanza. Solo uno è sicuro. Ogni volta che sbaglia, scapperà… ma cambierà anche il giusto nascondiglio! Perciò, oltre la gara di velocità, bisogna anche capire qual è il nascondiglio giusto, basandosi su quella che è pura e semplice fortuna, visto che, pur essendo solo tre le possibilità, lo si potrebbe cannare in continuazione.
Ora. D’accordo, voleva farlo diverso da Ao Oni. Okay, ottima idea.
Voleva farlo difficile – sì, si era notato pure da The Crooked Man che avesse gusto per le sfide toste…
Ma. Che diamine. Pure il nascondiglio randomizzato no. Certo, certo, non è esattamente impossibile come lo spacciano alcuni, ma difficile sì… specie se paragonato alla facilità estrema del giorno.
ò.ò”’ Anche se a pensarci non saprei come si sarebbe potuta aggirare la cosa… magari NON randomizzandolo, ma mettendo più possibilità? Anziché tre nascondigli possibili, magari cinque, con sempre solo uno disponibile. Però così sarebbe facile alla giocata successiva… mah.

La grafica è… leggermente piatta. A parte che la metà l’ha riutilizzata – meglio – in Mermaid Swamp, non è eccezionale. Anche se in generale sono mappe normali, magari non bellissime ma accettabili, sì. L’unico problema sono state un po’ le proporzioni, con pezzi che in teoria dovrebbero stare vicini e invece erano lontanissimi – tipo divani lontani dal relativo tavolino in mezzo – che, sì, capisco all’atto pratico servisse per dare spazio durante le fughe, ma nelle cutscene l’effetto è un po’…
C’è anche un’altra cosa da notare: lo schermo dei titoli, a dispetto della paranoia, è il più palesemente horror e brutto di tutti i suoi giochi questo è l’unico gioco di Uri (parlando di quelli tradotti, di Insanity conosco solo un riassuntino della storia… ò.ò’ ) in cui i personaggi hanno anche dei faceset – sì, gli avatarini. Anche se per il 90% del tempo è sempre lo stesso, solo Miki ne ha due.
… L’unica cosa, i disegni non mi sembrano per niente nello stile di Uri, paiono più che altro immagini già pronte modificate °A°”. Dato che non sono presenti neanche illustrazioni in-game, presumo Uri abbia deciso di aggiungerle dopo. °^°
Musica… sarò sincera: non ricordo assolutamente se fossero presenti OST di alcun tipo. Tuttavia Uri ne ha sempre messo poche anche in seguito, per cui non mi stupirebbe se qui fossero state del tutto assenti.

Piccoli autori crescono…
Vi dirò, vedere questo gioco, da affezionata/abbonata ai giochi di Uri quale sono, mi ha fatto un po’… uhm, tenerezza? x°D Ad ogni nuovo gioco migliora tantissimo e, c’è da dire, le belle storie le faceva già dall’inizio.
Soprattutto, è stato carino trovare quel certo elemento, qui ancora in fase embrionale, che poi diventerà fondamentale del suo stile: le trollate.
Già il fattore della paranoia c’è, sì – o forse no LOL fa pensare.
E diciamocelo, il branch degli ending è meravigliosamente bastardo.
Ma vogliamo mettere quando, dentro il pozzo, trovi un passaggio segreto, fai dodici chilometri, quindi mappe, una traversata a nuoto, prendi un taxi, fai il giro di Marte (?), esci… e sei al punto di partenza?
Seriamente, ci ho riso per un quarto d’ora. Ah, che gran trollona…

E questo è quanto. Se partite con l’idea chiara in mente che siete qui per la storia, non vi troverete male – la storia dovrete decisamente sudarvela, ma farà piacere. Non è un gioco straordinario in nessuna sua parte ma, ehi, da qualche parte bisogna pure iniziare. xD
Tra l’altro, sarebbe stato un peccato tenere questa storia nell’ombra.

Buh, magari la prossima volta rimango sulla stessa linea e recensisco The Sandman.
Vi saluto. Bye!

 

Paranoiac (Title screen)

Paranoiac da Uri.
Originale in giapponese.
[Download (Eng)]